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Il suicidio e il narcisismo di massa

  • Immagine del redattore: Antonino Spoto
    Antonino Spoto
  • 11 feb 2017
  • Tempo di lettura: 3 min

Il narcisismo è letale? Sì lo è. Per i singoli più fragili, che non sono in grado di reggere le frustrazioni di aspettative irrealistiche insoddisfatte. Per la società, che rischia di collassare; perché - quando il narcisismo diventa di massa - la cooperazione sociale cessa, sostituita da una gara in cui ciascuno accampa pretese sempre maggiori sugli altri.

Un uomo di 30 anni di Udine, nel Nord dell’Italia, si è ucciso. L’uomo, che si chiamava Michele, ha lasciato una lettera in cui accusa il mondo di non avergli dato ciò che gli spettava. I genitori l'hanno mandata ai giornali. La retorica nazional-popolare s’è scatenata. I media - che chiamano ragazzo un uomo di 30 anni (come ormai usa in un paese affetto dalla sindrome di Peter Pan) - ne rilanciano le accuse, biasimano la società.

Michele non aveva i problemi estremi e insolubili che possono spingere al suicidio. Non aveva problemi di sopravvivenza. Non aveva una famiglia da mantenere. Non era indigente. Viveva con i genitori, che hanno dichiarato: “Nostro figlio ucciso dal precariato … di fronte a una realtà che distrugge i sogni”. Quindi non è che l’uomo non riuscisse a trovare un lavoro. È che non riusciva a trovare il lavoro garantito e gratificante che desiderava. Cosa emerge dalla lettera?

Michele ha scritto: “questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità”. E anche: “Io sono un anticonformista, da sempre”. Sembra, quindi, che l'uomo rifiutasse la normalità, non fosse disposto ad adeguarsi a ciò che la realtà del lavoro richiede (la praticità), ritenesse di essere un “talento” e che fosse la realtà a sbagliare, per non adeguarsi al suo anticonformismo e non soddisfare le sue ambizioni.

Scrive ancora: “Da questa realtà non si può pretendere niente … Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato … Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle … Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione”. È fin troppo chiaro ciò che pensava Michele: il mondo, la società, gli altri avevano il dovere di dargli il massimo; e lui si disperava di non avere il potere di imporsi, i mezzi per prendersi a forza quel massimo che il mondo gli doveva.

Spiace dirlo di fronte a una tragedia umana - e non sarebbe il caso di parlarne se i genitori di Michele non l'avessero trasformata in un caso pubblico – ma siamo di fronte ad una specie di delirio di onnipotenza frustrato; delirio e frustrazione che nascono da una visione narcisista di se stessi e del mondo. Ciò che stupisce è la tendenza dei commenti a confermare, approvare, seguire Michele. Molti – quasi tutti – gli hanno dato ragione, hanno biasimato la società e il mondo, per non avergli dato ciò che lui pretendeva.

Forse le cose per Michele sarebbero andate diversamente se i suoi genitori, i suoi amici, i giornali che leggeva e i programmi TV che guardava gli avessero insegnato che non è così. Che la società, gli altri, noi non gli dovevamo niente, se non il rispetto per la dignità e la libertà di un essere umano. Che il lavoro, i riconoscimenti, la sicurezza economica non sono cose che si pretendono dagli altri; sono cose che si ottengono sforzandosi di dare agli altri qualcosa di utile, qualcosa che gli altri vogliono e in cambio della quale sono disposti a darci a loro volta ciò che noi vogliamo.

Però non stupisce poi troppo. Perché il narcisismo è diventato un fenomeno di massa: la cifra culturale delle ultime generazioni. Cresciute da genitori e media protesi non - come in passato - ad insegnare la modestia, il senso di responsabilità e l’etica del lavoro; bensì l’idea folle che ciascuno è speciale, al di sopra degli altri e in diritto di pretendere dagli altri un trattamento da star.

In un libro del 2009 intitolato proprio “The Narcissism Epidemic: Living in the Age of Entitlement” due ricercatori americani hanno raccontato l’insorgenza e le cause del narcisismo di massa e spiegato come il fenomeno conduca al collasso delle società.

Una lettura illuminante. Specialmente in un paese dove il collasso sociale sembra già cominciato.

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Nel poema di Ariosto Astolfo va sulla luna per recuperare il senno perduto di Orlando. La razionalità è il filo conduttore del blog, diario di idee e letture, in cui prendo spunto da questioni di cultura, società e costume, per segnalare quelli che mi sembrano vizi del pensiero, mancanze di raziocinio.

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