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Post-Verità. Chi è l'assassino?

  • Immagine del redattore: Antonino Spoto
    Antonino Spoto
  • 7 gen 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

È ufficiale. La Verità è morta. Assassinata. Post-verità (post-truth) è la parola dell’anno dell’Oxford Dictionaries. Indica che i fatti influiscono sull’opinione pubblica meno dell’appello alle emozioni o alle convinzioni personali.

Nugoli di giornalisti entusiasti hanno puntato il dito contro i media. Tipico: il puttaniere che tuona contro la corruzione morale. Però è vero. L’informazione è diventata intrattenimento. “Servizietti” rapidi e gradevoli, in cui la fatica del raziocinio è sostituita dal piacere dell’emozione. I blog, poi, hanno chiuso il cerchio: faziosità narcisa. Il like non è “mi hai fatto riflettere”; bensì “la pensi come me”.

Ma il delitto ha paternità plurima. È stato preparato e partecipato dal conducente: gli intellettuali. Non sarebbe avvenuto se l’Occidente non fosse assuefatto all’idea che tutto è un’opinione e ognuno adopera la “verità” che più gli aggrada. Perché post-verità? Il riferimento non proprio velato è a post-modernismo e derivati: relativismo, costruttivismo, post-strutturalismo.

Il trionfo di scienza e logica ha dato al mondo le conoscenze per sconfiggere le malattie, le tecnologie per un benessere diffuso, i principi per i diritti umani. Poi gli intellettuali à la page hanno occupato le facoltà umanistiche e predicato che non c’è vero o falso, che la conoscenza è un costrutto sociale (i vari Derrida, Foucault, Lyotard, Brodillard, Irigay, Guattari, Lakoff, Margolis, Rorty, Latour). Hanno convinto i più che la scienza è fatta di “discorsi”, in cui nessuno ha torto o ragione e niente può essere provato o confutato.

La morte della Verità è il trionfo di gente come Latour. Quando scienziati francesi - esaminata la mummia di Ramses II - conclusero che il faraone era morto di tubercolosi, lui lo ha negato. Con la seguente, stupefacente motivazione: il bacillo è stato scoperto da Koch nel 1882 e quindi prima di allora la tubercolosi non aveva esistenza reale (La Recherche, mars 1998, n° 307, p. 84-8). Direte: vabbè, ma ‘sto Latour sarà un povero imbecille qualsiasi! Né povero, né qualsiasi: professore all’Institut d'études politiques de Paris e alla London School of Economics, nelle classifiche mondiali degli accademici più autorevoli e citati.

Ora, se tale è il raziocinio nell’olimpo accademico, sorprende che ogni pennivendolo faccia l’uguale?

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Nel poema di Ariosto Astolfo va sulla luna per recuperare il senno perduto di Orlando. La razionalità è il filo conduttore del blog, diario di idee e letture, in cui prendo spunto da questioni di cultura, società e costume, per segnalare quelli che mi sembrano vizi del pensiero, mancanze di raziocinio.

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