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Apologo delle due città: la crisi del 3° millennio

  • Immagine del redattore: Antonino Spoto
    Antonino Spoto
  • 17 dic 2016
  • Tempo di lettura: 3 min

Le città di Noi e di Loro

C’era alla fine del secondo millennio un mondo fatto di due città: la città di Noi e la città di Loro.

I nati nella città di Noi erano fortunati. Avevano ereditato una società ad alta produttività: con un sistema di produzione industriale, tecnologie avanzate, infrastrutture e capitali, istruzione e competenze diffuse. Poche persone nei campi producevano cibo per tutti. Gli altri vivevano in città e lavoravano in fabbriche e uffici. Le fabbriche sfornavano una grande quantità di prodotti. Così i Noini potevano consumare molti beni; e perfino venderne una parte ai Loroini. Nella città di Noi i prezzi erano molto alti. Ma anche i redditi lo erano. Quindi tutto (o quasi) andava a meraviglia.

I Loroini non erano così fortunati. Erano nati in una società a bassa produttività. La maggior parte lavorava nei campi, producendo appena il sufficiente per sopravvivere. L’industria era praticamente inesistente. I pochi che potevano permetterselo importavano i prodotti dei Noini, dando in cambio materie prime. Nella città di Loro i redditi erano molto bassi. Ma anche i prezzi lo erano. Eccetto quelli dei beni importati, naturalmente; per i quali bisognava pagare i prezzi alti della Città di Noi.

Poteva continuare così?

La riscossa dei Loroini

Ovviamente i Loroini non erano felici. Ma costruire una società ad alta produttività non è cosa che si faccia in un giorno. Alla fine alcuni (tra cui quelli del quartiere Catai, che da solo aveva più abitanti dell’intera città di Noi) riuscirono a realizzare una società industriale. Adesso anche i Loroini avrebbero potuto consumare una grande quantità di prodotti. E tutti sarebbero stati più felici. O no?

I saggi governanti dei Loroini temevano che un aumento troppo rapido del tenore di vita (inflazione) avrebbe fatto collassare la loro economia. Decisero che sarebbe stato graduale; e nel frattempo avrebbero venduto la produzione ai Noini.

Non fu difficile: i prezzi dei Loroini (poveri) erano molto più bassi di quelli dei Noini (ricchi)! La situazione si era rovesciata: adesso erano i Noini che importavano i prodotti industriali. Le loro fabbriche cominciarono a chiudere. Era cominciata la deindustrializzazione. Certo non era una valanga. Piuttosto una lenta erosione. Ma l’economia dei Noini aveva un grosso difetto: aveva bisogno di crescere sempre. Un arresto generava disoccupazione; e quindi calo dei redditi e dei consumi.

I Noini avevano un problema.

La medicina e l’incantesimo

Per arrestare la deindustrializzazione bisognava che i prezzi dei Loroini non fossero così bassi rispetto a quelli dei Noini. Dato che i Loroini impedivano il riequilibrio dalla loro parte, il riequilibrio sarebbe avvenuto dall’altro lato: i redditi e prezzi dei Noini cominciarono a scendere (deflazione). Non avrebbe dovuto essere un problema. Se i prezzi fossero scesi quanto i redditi, il potere d’acquisto sarebbe rimasto uguale. Però ci sarebbe stata una recessione. La guarigione non sarebbe stata indolore.

I Noini non vollero la medicina.

Chiesero un incantesimo a Filigrano - il Gran Mago dell’Ordine della Banca Centrale – che fece apparire dal nulla un mucchio di denaro. Non ebbe effetto sulla deindustrializzazione. Ma alimentò la speculazione immobiliare e finanziaria. Per un po’ sembrò che tutto andasse bene. Tutti si scambiavano immobili e titoli. Il valore cresceva e molti si sentivano più ricchi. I Noini gongolavano. La deindustrializzazione non era un problema: l’economia era diventata post-moderna, sofisticata, glamour.

Al primo dubbio scoppiò una grande crisi. Filigrano fece apparire altro denaro; quantità enormi, mai viste prima. Arrestò la caduta dei valori, ma la fiducia non c’era più. Gli incantesimi dovettero ripetersi per anni: senza nuovo denaro i patrimoni si sarebbero sgonfiati.

E poi … apparve il lato oscuro dell’incantesimo.

La maledizione occulta

Come i bambini sanno (e gli adulti dimenticano), gli incantesimi hanno sempre un lato oscuro. E quello del Gran Mago della Banca Centrale non faceva eccezione. Con il denaro magico i più ricchi si erano arricchiti; gli altri impoveriti. Gli economisti temevano l’inflazione perché concentrava la ricchezza; però la misuravano solo sui consumi. Non si accorsero che l’inflazione dei patrimoni avrebbe fatto peggio. L’incantesimo aumentava il valore dei patrimoni, ma non degli stipendi. Coloro che già avevano un patrimonio diventarono più ricchi. Ma gli altri diventarono più poveri. Lo stipendio era rimasto uguale; le case e gli investimenti costavano di più. E tra i più penalizzati c’erano i giovani, che non avevano patrimoni accumulati in tempi migliori.

Nella città di Noi i meno fortunati erano diventati poveri e i giovani erano finiti in blocco tra i poveri. Molti erano frustrati e arrabbiati. Alla ricerca di qualcuno da incolpare; di un nemico da eliminare. Gli abitanti di un quartiere periferico, Latinia, già davano la colpa a quelli del centro, Teutonia. Ed erano spuntati altri maghi. Maghi alternativi. Che promettevano la soluzione di tutti i mali. A mezzo di innumerevoli, infallibili, irrinunciabili … inediti incantesimi.

E così giungemmo ai giorni nostri.

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Nel poema di Ariosto Astolfo va sulla luna per recuperare il senno perduto di Orlando. La razionalità è il filo conduttore del blog, diario di idee e letture, in cui prendo spunto da questioni di cultura, società e costume, per segnalare quelli che mi sembrano vizi del pensiero, mancanze di raziocinio.

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