Il film e il pensiero corto
- Antonino Spoto
- 15 dic 2016
- Tempo di lettura: 1 min


Qualcuno cui non piace una mia opinione mi consiglia un film sull’immigrazione. Lo vedrò; e certamente mi commuoverò. Ma non mi farò convincere. Non che non sia disposto ad imparare, a cambiare opinione. Ma i film non sono buoni per pensare. Sono macchine per fabbricare emozioni. Ci identifichiamo con i protagonisti e ne condividiamo il punto di vista. Se vediamo la storia di un immigrante disperato, siamo mossi all’accoglienza; se vediamo quella di una ragazza stuprata da clandestini, siamo spinti all’intolleranza.
Le emozioni sono un caso di pensiero corto, una scorciatoia dell’evoluzione per farci agire senza indugio. Se nella savana vedo un leone avvicinarsi, mi conviene scappare; non fermarmi a ponderare se l’obiettivo sono io o la gazzella. Leone, paura, fuga: la razionalità è d’intralcio. Ma le questioni politiche raramente sono così lineari. Hanno effetti complessi e ramificati, su un gran numero di persone, in situazioni differenti. La razionalità è necessaria. Ma faticosa; e innaturale. Siamo più proni alle emozioni; e a quelli che le usano per manipolarci.
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