Il pensiero magico-monetario
- Antonino Spoto
- 10 dic 2016
- Tempo di lettura: 1 min


Purtroppo sono un drogato. Di tabacco. Così frequento i tabacchini. C’è la fila per le scommesse. Gente che lascia un gruzzoletto di cui sentirà la mancanza al supermercato. Eppure sappiamo che ci guadagna solo il banco. Ci proponessero un testa o croce in cui si vince 9 e si perde 10, rifiuteremmo. Ma basta complicare un po’ le cose e il nostro istinto non funziona più. Una lotteria che emette 1.000.000 di biglietti al costo di 10 e paga all’unico vincitore 900.000, è molto meno conveniente. Ma nessuno ci fa caso. Lo sanno bene i truffatori: il sogno di guadagnare molto e senza sforzo ci cattura; smettiamo di ragionare.
Lo sanno anche i politici e gli economisti politicosi che ci promettono meraviglie se usciamo dall’euro e ci mettiamo a stampare denaro? Può darsi. Oppure sono ingenui. Ma non per ciò meno pericolosi. La ragione e la storia ci dicono che è follia; un’illusione da apprendisti stregoni. Più carta non è più ricchezza; è instabilità, economica e sociale. Ma dirlo non è popolare. Vuoi mettere il sex-appeal del pensiero magico-monetario? Non c’è gara: vinceranno gli stregoni.
Scommettiamo?
Le isterie finanziarie di massa sono antiche e diffuse. Un bel libro del 1841 - ormai un classico - ne racconta di deliziose; come la febbre dei tulipani, che colpì l’Olanda all’inizio del 1600.

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